martedì 14 febbraio 2012

Chapter 7: Welcome Parties

Primo Wednesday Night
Facendo il pendolare non so minimamente cosa significhi il termine "serata universitaria". O perlomeno l'ho spesso immaginato basandomi su racconti ed esperienze, ma - si sa - Padova è assai distante per farci sistematicamente un salto notturno nel bel mezzo della settimana. Uno dei plurimi motivi per cui apprezzo questo Erasmus è il fatto che mi evita un viaggio stressante ogni giorno. Anzi, due viaggi stressanti: andata e ritorno. Ulisse ha poco da dire, provi lui a inforcare la bici col gelo del mattino in pieno inverno, andare in stazione, prendere il treno al volo e sussurrare "Yeah, ce l'ho fatta...per un pelo...fiuuuu!". E provi dunque ad arrivare a Venezia Mestre, dopo essere stato compresso come una macchina in rottamazione (la scatola di sardine era troppo banale...) ed ammirare una cinquantina di led arancioni sul tabellone nero che indicano 25 min nella casella "ritardo". Fanbrodo i treni (per fortuna che non li pago ahahhaaha!) e fanbrodo i professori che non ti lasciano entrare a lezione iniziata senza farti sembrare un povero capretto da sacrificio. Beh, qua andare al campus mi prende 10 minuti in bici, tanto per capirci il corrispondente del tempo necessario epr farmi arrivare in stazione a Spinea. Ma la vita del mercoledì sera respira in centro, e allora sono 20 i minuti. Non c'è male comunque...l'andata è quasi prevalentemente tutta in discesa, a tratti anche gradevolmente ripida (lascio a voi le conclusioni per il ritorno, ma avrò modo di parlarne). E' mercoledì dunque, alla StudentHouse danno birra a prezzo considerevolmente ridotto, come non approfittare. Non so quanti altri potrò joinare d'altronde: dalla settimana prossima al giovedì mattina avrò un bel corso piazzato alle 8.15. Ore di sonno più che necessarie. La barba mi si attacca alla sciarpa attraverso minuscoli cristalli di ghiaccio. Ogni volta mi diverto a sentirmela tirare. Ho messo la calzamaglia [ripenso alla figura di me che ho fatto alla festa di saluto vestito da cantastorie], il freddo è sopportabile, ma la bici va che è un piacere. Come naturale l'aria non segue il moto del biciclo: o va più lenta ed è bene, o va più veloce ed è ancora meglio, o sta ferma e tu gli sbatti addosso rendendoti conto che quelle storie sull'attrito e l'aerodinamica ogni tanto va bene saperle. Ma ti va male nel restante 85% dei casi, ovvero quando l'aria soffia in direzione opposta o trasversale. Questa sera sono forunato, rientro nel 15%. Orlin (mio compagno d'appartamento - è così che si scrive il suo nome... che in effetti fa un pochetto Chioggia) arriva in autobus, ci mette il doppio di me. Trovo la Martina e la Chiara, Federico arriva dopo. La musica invade la sala. Sparano salsa a tutto volume, gli spagnoli si sentono forti; c'è qualcuno che sa davvero ballare bene, gli altri si buttano nel puttanaio. Io credo che l'unica mia salsa per stasera sia quella che ho mangiato sulla pasta, gustosa e gradevole. Decido quindi di approfittare della massa di gente presente per conoscere qualcuno, amici di amici e amici degli amici di amici - ovvio. Nel frattempo il mio amico di casa se ne fa cinque (di birre) ed è in collassata. Una dietro l'altra sostanzialmente. E' pressato dall'orario dell'ultimo pullman - mezzanotte mi pare. Barcolla un po', gli chiedo come sta e gli consiglio di fermarsi (temo certo per la sua salute, ma mi seccherebbe un po' anche trovarmi le pozzanghere giallastre in giro per casa e pezzettoni alle pareti. Mi dice che è tutto ok. Se ne va mezzo tronco. Non c'è male comunque, il clima è molto allegro (in entrambi i sensi), disprezzo con sguardi severi il comportamento dei più. Ma d'altra parte per molti l'Erasmus è questo: sesso, droga e salsa. No dai, non esageriamo, però in realtà l'atteggiamento regole zero e dignità sotto zero pare aver trovato un terreno ben fertile. Io sono qua con le foglie...le mie solide radici sono altrove per fortuna! Al ritorno provo la nuova strada: è decisamente migliore. Più corta e meno pendente! Misteri della fisica direte voi. Ebbene ci ho pensato, non è tanto un mistero: Humlebakke ed Hansundvej infatti presentano alcuni saliscendi che all'andata non si percepiscono grazie all'inerzia delle discese, ma che al ritorno diventano ugualmente inutili a causa della brevità dei tratti favorevoli. La nuova strada mi conduce a destinazione. Farò sempre questa. Arrivo, apro la porta delicatamente e lui mi spalanca quella della sua camera. Uao. Non sento strani odori e lui è ancora vivo. Eccomi, letto!


International Welcome Party
Festa di benvenuto per tutti gli studenti internazionali, a prima detta travolgente. 1000 e più invitati, 400 conferme di partecipazione nell'evento su Facebook. La StudentHouse apre anche la sua miglior stanza, un salone con palco, bancone del bar sul fondo e illustrazioni musicali alle pareti. Ogni nazione deve sfoggiare i suoi colori, vestire qualcosa di tipico, portare in alto il suo orgoglio. Partono le idee tra noi italiani: in un giro di mail propongo il viso pitturato a tricolore stile ultras, ma alla fine le tempere non è andato a prenderle nessuno. Le ragazze si fanno simpatici bracciali e collane di pasta dipinta. Io metto la maglietta della GMG azzurro pigiama ma con una mega scritta "ITALIA" in verticale. Mi legherò la bandiera come piccolo mantello. Raggiungo Federico e la Martina al condominio di Danmarksgade 49. Fede sta ancora cenando con gli spagnoli, ne avrà per un bel po'. Io e le ragazze intanto andiamo. Il salone è quasi vuoto, sono tutti nella consueta sala del bar. Mi accaparro un puff, mio sogno proibito. E' morbido e confortevole. Sarà mio finché non avrò voglia di alzarmi, ne sono davvero felice! C'è un po' di preoccupazione nell'aria: la gente fatica ad arrivare. Stasera ci sono anche due feste nei college principali (centro e campus), tante gente è sicuramente là e le probabilità che prenda parte a questo party a serata cominciata è pari a zero. Quelli dello staff si vedono costretti a rimpicciolire la pista tagliando a metà la sala, preparando la zona vicino al bancone con vari tavolini e sedie ed adibendola ad area remissivi al ballo/drunked people/forever alone guys. Il vestito diventa dettaglio trascurabile a manno a mano che la gente arriva. Saremo un misero 15% noi che sfoggiamo con orgoglio la nostra nazionalità. Le pecche, odio quando va così. Una cinese guarda stranita la mia bandiera andando a recuperare qualla che è probabilmente 'ennesima birra. Lei ha tacchi alti, calze a rete, minigonna e camicia bianca. Dev'essersi accontentata dei suoi occhi a mandorla a quanto pare. In ogni caso la cosa che mi ha fatto più ridere di tutta la serata sono stati i DJ. Santa Maria del Cammino, ho camminato fin qui per trovarmi di fronte DJ Catania, DJ Simon Barber e DJ Polignano?! Ma fate davvero zio cen? Eccoli, sono l'Aalborg's DJ Team. Non ne sto ovviamente facendo una questione tecnica, a mettere la loro musica saranno pure stati in gamba. Non la sto mettendo neppure sul piano personale, nulla contro di loro. Ma diamine, com'è possibile che siano tre terroni?! (Niente di male, non sono contro i meridionali, chi mi conosce lo sa). La cosa mi fa piacevolmente sganasciare, sghignazzare e scompisciare. I loro loghi ancora di più. Sento un po' di Italia in più!
 


Io sto un po' di qua e un po' di là, interrompo il caos della discoteca con qualche giretto nella ben più calma zona bar. Conosco un altro po' di gente, non sto qui ad elencarli - anche perché sono le classiche persone di cui non ricordi il nome già subito dopo aver stretto loro la mano. Riconosco quelli del torneazzo a calcetto del pomeriggio, mi dicono qualcosa in danese. Devono essere un po' andanti pure loro. 
Prima di andare a casa seguo Federico e un gruppo di spagnoli (tra cui Teresa, la mia buddy): mi portano a vedere La Street. E' poco dietro la StudentHouse. Decine di bar a pochi metri tra loro giacciono consecutivi a limitare il barcollio di giovani strastonfi. La gente qui deve bere davvero tanto per consentire a tutti questi locali di tenere aperto. Capisco presto che non sanno darsi un limite quando un ragazzo dal passo sbilanciato sembra volermi baciare piombandomi addosso. Me lo scrollo di dosso. "Qui è sempre così" - mi dicono - "la gente ubriaca continua a spingerti e tirarti...". Andiamo al Newcastle, fumo libero dentro ovviamente. Ci facciamo uno shottino in compagnia e prima di rimanere assuefatto dalla densa nuvola acre me ne esco e torno a casuccia. Fa freddino, ho i piedi gelati. Ma questo piumone sa davvero il fatto suo.



Party in Danmarksgade 49
Ovvero a casa di Federico. Ho progettato di restare a dormire qua a dire il vero, visto che domani mattina - domenica - vorrei fare un salto a vedere la chiesa cattolica. E' oltre il centro, quindi, dato che si tireranno le ore piccole, potrebbe essere una buona idea fermarmi direttamente là invece di prendermi un'incastrata di freddo al ritorno. Entro, sono il primo, in effetti sono solo le 9 e tre quarti. Fede ha svuotato la sua camera. Il suo letto è in camera di Andres, i mobili sono girati al muro. Ok non dormirò qua. Sistemiamo l'impianto facendo i conti con la limitata lunghezza dei cavi. La gente non deve incepicarvi, deve poter avere accesso alle finestre per fumare e il laptop deve rimanere vicino al cavo di rete. Dopo qualche tentativo ce la facciamo: la camera di Federico è pronta per accogliere almeno una trentina di persone e sparare musica a manetta. E' il primo party nel suo appartamento da quando c'è lui. Questa volta non hanno creato l'evento su Facebook e all'inizio questo sembra essere stato un errore fatale. "C'è un'altra festa qua vicino, una festa di compleanno tra l'altro. Siamo fottuti". Siamo in tre, oltre a lui e Yves-Remi. C'è da decidere cosa fare, se andare alla Street o attendere. Aspettiamo. Arrivano dopo poco anche gli altri inquilini, gli spagnoli portano con loro altra gente... il numero si fa decente. La musica esce dalle casse di un vecchio impianto Sony irradiando l'intera stanza, quelle adiacenti e verosimilmente le abitazioni circostanti. Ci sono anche altri ragazzi italiani, li conosco già...Un po' di David Guetta, Prodigy e house in genere fanno da base ai nostri discorsi: si parla dell'Erasmus, dei pacchi di vestiti e vivande da farsi spedire, del mio alloggio inverosimilmente lontano dal centro considerando che sono in bici. Appunto, meglio che vada... Domani mi aspetta un'altra pedalata di buon mattino!

mercoledì 8 febbraio 2012

Chapter 6: (Mis)adventures by bike

Da questo post in poi credo che non manterrò più l'ordine cronologico degli eventi, cioè ovvio che non scriverò prima quelli futuri rispetto a quelli passati...ma organizzerò i post per temi. Questo è quello dedicato alle prime (dis)avventure con la mia bici. Quella viola, sì, ve la ricordate?! Dopo qualche giorno di parcheggio in una casetta di legno dietro casa di Federico passo a riprenderla, senza bici mi sento troppo isolato quaggiù. E' in forma smagliante, meglio di come l'ho lasciata forse. Mi pareva che avesse le ruote del tutto sgonfie e invece sembra reggersi bene in piedi. Ho comunque in mente di cercare una pompa per ridarle un po' di vigore. I danesi hanno i compressori in mezzo alle piste ciclabili, cioè non dovunque...ma uno ogni tanto si trova. Fede me ne ha indicato uno sulla via di casa. Dopo neanche un chilometro ne scovo io un altro: "LUFT", è un piccolo totem con un tasto per farne uscire aria. Compiaciuto dell'inaspettata scoperta mi fermo. La guaina è dannatamente corta. Mi costringe a sbattere la bici di traverso e occupare l'intero marciapiede. Fa niente, sarà questione di un attimo. Il bocchettone dell'aria è fatto a martello: ha due valvole che sputano aria ambo i lati. Chissà. Provo a tapparne una con un dito, esce aria dall'altra. Viceversa uguale. Mah. Tolgo il tappino della bici, le due parti non matchano dannazione. Tolgo un altro tappino della bici, e un altro ancora. Pffffffiu. Okay, gomma del tutto a terra. Le due parti continuano a non fittano ancora. ♪ ♫ Porco demonio porco, porco demonio porco, porco demonio porco: PORCO! ♪ ♫ Non mi è mai capitato di sentirmi così imbranato. Sto congelando, ho questo zaino sulle spalle che mi scende a destra e a manca, i guanti appoggiati per terra nell'unico centimetro quadrato senza neve/acqua, le dita bluastre. Scendo a un compromesso con me stesso e mi abbasso a chiedere aiuto ad una ragazza, sembra autoctona, dovrebbe sapere - mi dico. "Sorry, can you help me to understand how it works?!" Era lì anche lei per il compressore. Mi dice che non ne ha la minima idea. Forse non è neanche danese...se ne va. Nel frattempo capisco come cacchio funziona quella valvola: da una parte butta fuori aria, dall'altra sfiata quando rileva troppa pressione. Ecco due bei ragazzotti, danesi ne sono certo stavolta. Ne sanno a pacchi. Uno dei due prende in mano la valvola e mi rimonta uno dei tappini della camera d'aria. Fa per prendere il bocchettone e, attonito, mi fa: "Oh, man, this stuff is defective...A small part is probably missing, maybe someone has damaged it". Ah ben ciò: bici presa peggio di prima - me la vedo già tutta a piedi. Mi indicano un ditributore a duecento metri, là dovrebbero avere il compressore che fa al caso mio. Ci arrivo in pochi minuti, scambio un signore per il responsabile della Esso. Ha il pile che pare una divisa colorata da lavoro. Gli chiedo se posso usare il compressore, mi accorgo che c'è sua moglie dietro. Ok non è il benzinaio, ho cappellato in pieno. Ripiego chiedendogli dove sia il compressore. Pare non accorgersi del mio mio misunderstanding. Questo qua va che è una meraviglia. La mia bici è pronta, si parte. E' sabato, sulla via di casa vedo un cartello con disegnata una chiesa. Svolto a destra, poco più avanti mi trovo davanti una grande ma bassa struttura. Lascio giù la bici (legandola ovviamente, ormai è uno tra i beni più preziosi al mondo per me! ahahha), chiedo di entrare ad un signore che mi vede dalla porta a vetri. Mi fa segno col dito di fare il giro. Entro dalla porta secondaria. Moquette per terra, rossa, morbida. Amo camminare su un pavimento come quello, sono so sorry di farlo con questi scarponacci Dolomite pieni di neve e onto. Mi richiama alla mente il materiale insonorizzante dell'UCI cinemas, ci passerei giorni interi a passeggiare là sopra. Si presenta, è il sacerdote. Mi dà un benvenuto caloroso ed affettuoso e mi indica il campo da basket interno. Lo guardo e gli dico che sono là semplicemente per vedere la chapel e per pregare un po' se si può. Sbalordito ed incredulo mi chiede di ripetere. Oddio, non credevo che fosse una cosa così rara ed improbabile da queste parti. Mi spiace averlo destabilizzato, ma ne sono allo stesso tempo soddisfatto e rallegrato. Mi porta al campo da basket, cuore pulsante (e sbattente) della struttura. 
  
Ferma il gioco, gli dico che non serve, che non ho bisogno di silenzio nè di rovinare la partita a quel gruppo di giovani. Ne prende con sè due, mi guidano per i corridoi di quello che capisco essere una specie di seminario. Hanno anche un piccolo asilo, una sala dove studiano e si confrontano sulla Bibbia, le camere da letto, il mega campo da basket appunto e la cappella. E' totalmente spoglia, pietre s faccia vista e legno. L'ambone e un organo sull'altare con qualche panca ulteriore subito dietro. Parlo loro di Taizé, della GMG. Mai sentiti, ma ne restano affascinati. Chissà che non sia io a fare proselitismo va... Beh comunque, dopo averli ringraziati per l'ospitalità e ancora not aware del loro preciso credo, mi lasciano un biglietto da visita della loro chiesa: Jesu Kristi Kirke, c'è un rimando ad un sito mormone. Non ho idea di quali siano i capisaldi della loro fede (qualche don che accorra in mio aiuto?), ma sono brave persone, senza ombra di dubbio. Ciedo loro dove sia la chiesa cattolica più vicina. Dall'altra parte della città - perfetto. Me ne torno a casa e finalmente mangio qualcosa, ovviamente è un orario da lunner...
 

 Altra (dis)avventura biciclettesca capitatami ieri, 7 febbraio. Ormai io e la mia bici siamo un tutt'uno. Ci capiamo, soffriamo insieme le uphill della città di Aalborg, ci sosteniamo quando sono necessari gli ultimi sforzi per raggiungere l'apice della salita. Sono ormai un maestro del freno a contropedale. Le uniche con cui non ho ancora un feeling perfetto sono le marce. Credo proprio che si siano risentite di questo perchè ieri mattina, ore 9.40, dopo aver inforcato il mio bolide per andare all'università, faccio per cambiare rapporto e mi resta in mano la levetta di plastica. Questo demonio è sempre più porco dannazione. Malumore immenso, visto e considerato che delle 2x3 marce ne funzionavano solo due e che i miei attrezzi qui consistono in un cacciavite e un coltellino svizzero. Torno indietro di qualche metro a raccogliere i pezzi, con sommo dispiacere noto che la levetta era fatta di sola plastica, probabilmente resa fragile dal gelo della notte. Mi rendo presto conto che difficilmente potrò trovare un rimedio, e mi rendo conto ancor più che dovrò affrontare tutte le salite col rapporto lungo. Credo che per stavolta mi trasformerò nell'eccezione vivente al detto "Chi che no ga testa, ga gambe". Credo che avrò modo di sviluppare sia la prima che le seconde. Grazie Aalborg per damene modo!






martedì 7 febbraio 2012

Chapter 5: Home sweet [new] home

Dannazione me l'ha fregata. Si chiama Orlean, è qui da ieri sera. Io ho aspettato il 2 mattina diavolaccio cane. Si è accaparrato la stanza (leggermente) più ampia, con la TV e la finestra più grande. Io ho un armadio con un'anta in più, vedrò di farglielo pesare. Stamattina ho preso il pullman a Nytorv: con borsone, valigia e zaino in spalla ho creduto di non farcela. Dieci minuti, forse più, fino alla fermata giusta. Un'anziana ma gentile signora mi chiede se ho bisogno d'aiuto, vorrei chiederle se ne ha bisogno lei - magari per atraversare la strada. Poi mi ricordo che non sono uno scout, quindi le spiego che stavo cercando la fermata giusta e dal lato giusto della strada. Mi rassicura: sono al posto giusto. Smonto sul bordo di una strada a scorrimento veloce, faccio qualche foto. Non avrei voglia di mettermi in cammino un'altra volta. La pista ciclabile è spazzata, il marciapiede no, ma sarebbe letale anche solo pensare di poterla sfruttare per trascinare più agevolmente il mio bagaglio. Mi viene in mente "Il peso della valigia" del Liga, non so di cosa parli ma il titolo calza a pennello. Ultimo tratto in salita. Riprendo fiato e mi concedo qualche altra foto, oramai l'ho capita 'sta reflex. Tiro fuori la busta con le chiavi e l'indirizzo esatto; eccomi di fronte a quello che avevo visto su Streetview. Sono sei strutture parallele, tre da una parte e tre dall'altra, si guardano in faccia a due a due. Il mio appartamento ovviamente è nell'ultima. Non ci capisce bene quale sia di preciso: decido di seguire l'intuito...la chiave gira. E' bello qua fuori, ci sono tavolini da picnic in legno, piante, delle pietre, scale esterne per accedere al piano superiore. Tutto ovviamente coperto di neve. Riguardo la porta, ci sono due nomi in parte che mi fanno desistere per un attimo ma... la chiave gira. Orlean mi da il benevenuto. Vedo che si è sistemato nella camera di sinistra - mica scemo. Mi aiuta con il borsone, la valigia è piena di neve non posso portarla dentro subito sennò faccio il disastro. E' disponibile, gentile. Ha i capelli con la coda dino a metà schiena e due polsini neri che ne fanno lo stereotipo del metallaro. Con chi sono capitato? Mi dice che non ascolta musica se non colonne sonore dei film, non è metallaro, ha un anno in meno di me e la morosa da quattro anni. Sta frequentando ad Istambul l'ultimo annno della triennale in Ingegneria Elettronica, ma è qui per studiare Wind Power. Ha la doppia nazionalità: papà turco e mamma bulgara. Süleyman è l'altro suo nome, Saroğlu l'univoco cognome. In ogni caso sono contento... l'appartamento è piccolo ma praticamente nuovo. Non ha mille elettrodomestici ma comunque c'è tutto il necessario. Il lampadario della mia camera ha la lampadina bruciata, e la veneziana della portafinestra  è staccata (gli manca un pezzo di aggancio quindi è difficile farla stare su se non provvisoriamente). In questo modo non ho luce quando vorrei averla, cioè di sera, ma posso contare su una dose abbondante di raggi solari quando non la vorrei, cioè al mattino. Ci metterò una coperta probabilmente. La pulizia mi prende un po' di tempo: farò dopo la spesa. Passo la scopa due o tre volte, la spugnetta deterge e disinfetta tutte le superfici con la mitica crema Cif. Trasferisco la roba dalla valigia all'armadio a tre ante. Davvero bello e spazioso - scelta vincente. Passo centimetro per centimetro la poltrona da ufficio e il rispettivo poggiapiedi in ecopelle. Ho anche quattro scaffali per le cose non da vestire: adibisco quello inferiore a scarpiera. L'operazione svuotamento valigie richiede più tempo del previsto, forse perché mi metto a ridisporre gli scaffali dell'armadio togliendo tutte le mensole e configurandole in modo ottimale.  Al supermercato vicino casa (15 minuti a piedi - senza spesa) - il Føtex - si può trovare praticamente tutto, da vestiti a padelle, da cibo a cancelleria. I prezzi sono tipicamente danesi, ma comunque "sapendo scegliere" si sopravvive! Mi vanno via 70 euro di spesa, l'inizio è sempre la parte più difficile: mi trovo a dover pensare a tutto e contemporaneamente a realizzare che sono a piedi. Per rendermi conto del peso di quello che sto comprando scelgo di servirmi di due cestini. Non è bastato: la strada verso casa è stata una vera e propria via crucis, con 4 tappe di sistemazione borse + riposo articolare. Ma ora ho "praticamente" tutto. Per cena posso contare su un bel piatto di spaghetti al sugo con pelati interi. Delicious!
Ecco un po' di foto della/dalla casetta:




















domenica 5 febbraio 2012

Chapter 4: AAU on stage

L'emozione del primo giorno di scuola? Non proprio, ma ovviamente un po' di agitazione c'è. Sveglia "presto", colazione velocissima (grazie al bollitore che ti sforna un tè nel giro di un minuto), lo zaino è già pronto. Mi trovo a scendere le scale presumibilmente ancora con il segno delle lenzuola sulla guancia, ma la sciarpa è già alta sul viso. Aspetto per un po' la Martina e la Chiara. Non escono, temo che siano già partite, che si siano dimenticate di aspettarmi. Avevo capito bene l'ora?! Busso, mi fanno entrare, tutto tranquillo: in pochi minuti siamo alla fermata dell'autobus - sono le 8 e trenta_qualcosa. Quite crowded stamattina, è la linea che va al campus e il pullman è un bastimento carico carico di...studenti! Fa un freddo cane fuori, c'era da aspettarselo, ma in autobus si sta bene e forse fa anche troppo caldo a dire il vero. In about 25 minutes arriviamo a destinazione, è lo schermo LCD con la sequenza delle fermate successive che ce lo annuncia: la prossima è la nostra. Nel frattempo passano anche le previsioni meteorologiche della settimana, non sembrano tanto confortanti dal punto di vista delle temperature! Ok, è ora di scendere. Mi avevano detto che sarebbe stato impossibile capirsi il primo giorno. In effetti un po' lo è. Il main campus è come una piccola cittadina, con le sue strade, i suoi ponti, le sue fermate dell'autobus, i suoi parcheggi, i suoi monumenti. E soprattutto i suoi segnali stradali. Le mappe che ti facilitano l'orientamento sono molto frequenti: della serie "voi siete qui". Ok cacchio ma non so neanche dove sia il posto in cui devo andare. Per fortuna c'è la Martina, con l'autobus ci fermiamo praticamente di fronte a uno dei quattro complessi (costituiti ognuno da quattro edifici di due piani - tranne uno formato da tre edifici - per un totale di 15 strutture uguali e sovrapponibili con movimenti rigidi di rototraslazione). Il nostro è quello adiacente. Saliamo le scale, cerco di capire come uscirne al ritorno ma mi trovo sbattuto di fronte alla porta dell'aula: area 7 complesso C struttura 3 piano 2 aula 04. Per farla breve 7C-3-204. Sarà bene che mi studi la piantina! Sembrerò un po' ingolfato quando entro, ma d'altra parte meglio ingolfato che congelato. La maniglia è cilindrica, ricurva, satinata, fredda. Ok apro la porta. Aula piccolina ma a prima vista ben concepita. Solaio orizzontale, dal pavimento si innalza un basso soppalco destinato al docente. C'è già un grande telone bianco che scende dal soffitto. Ci saranno una decina di ragazzi e ragazze seduti in ordine sparso nelle prime file. Che bello, niente panche a distanze improbabili dal banco in stile padova: ognuno con la sua sedia e banchi da due - dalla mia schiena esalano gioiosi ringraziamenti. Saluto tutti, il clima è amichevole. C'è un'atmosfera accogliente e davvero serena, anche il professore - Lasse - pare voler mettere a proprio agio a tutti i costi gli studenti. Non si trattiene dal dire anche qualche battuta. E' vestito Tommy Hilfiger da capo a piedi. Un maglioncino blu casual sopra ad una maglietta easy lo rende disponibile e aperto al solo sguardo. Una giovane professoressa armeggia con il suo laptop, lo collega al proiettore, Lasse le dà una mano. Lei è quella che presenterà il progetto Wofie, una sorta di collaborazione multidisciplinare che consente di simulare una realtà lavorativa di collettività, dove si interfacciano laureati di estrazioni molto diverse. Interessante, davvero. Non so se avrò il tempo di frequentarlo però. Mi siedo vicino a due ragazze, una all'apparenza è il perfetto prototipo della secchiona. L'altra è una studente internazionale spagnola. Mi fanno qualche domanda, sono le 9. Il prof pare voler iniziare, ecco la sua mail di qualche giorno fa:

I suggest the following agenda:

1. Introduction to the semester
2. Information about WOFIE
3. Courses and projects
4. Course schedule - course startup on Tuesday February 7, 2012
5. Semester group meetings
6. Election of a student representative
7. Course and project selection

The formal requirements for the course and project selection process are:

- 3 x 5 ECTS courses must be selected (course selections may depend on project selection)
- optimal group size is 4

We are glad to welcome 3 new guest students who will participate in the course and project selection process and hence also the group formation process. Please - take good care of our guest students in the group formation process.

Best
Lasse

Uno di quei tre nuovi studenti sono io ovviamente. Lasse ci vuole individuare: "Who are the three new international students?!". Sono l'unico che alza la mano - gli altri devono essersi persi probabilmente. Mi dice che già il fatto che io abbia trovato l'aula (e sia l'unico arrivato in tempo per l'inizio) è great! Mi prendo tutti i meriti ovviamente. Dopo cinque-dieci minuti arrivano anche gli altri due: Francesco, un ragazzo da Firenze, e Haiyong, cinese. Introduzione ai corsi e ai progetti, spiegazione del sistema universitario, spazio alla scelta edi corsi e - soprattutto - alla formazione dei gruppi di progetto. Ci sono tre progetti extra rispetto all'elenco in pdf. Leggo il 18esimo per la prima volta, è il primo extra. Il computer è quello della secchia, scorro le righe e lei continua a farmi domande. Porco il demonio lasciami leggere. Alla fine le faccio: "Maybe it's mine". Abbiamo quattro lavagne a disposizione, i progetti sono numerati, ognuno piazza il suo nome in quelli che gli interessano. Sono tutti molto interessanti a dire il vero, ma io ho anche un uleriore criterio di selezione: Federico mi ha detto i nomi "da evitare" per un motivo o per un altro, così come mi ha elencato i nomi di quelli skillati. Lasse entra ed esce ad intervalli non regolari, controlla la situazione. Stallo completo. La secchia non vuole smuoversi da un progetto a cui non aderisce nessuno, e d'altra parte non vuole rinunciare nemmeno ad uno in cui il gruppo sarebbe pressochè chiuso se non ci fosse lei. Questo manda  un po' in merda tutto. I progetti cancellati dalla lavagna poichè scelti da un solo studente vengono rimessi in ballo, è una danza che determinerà il ritmo del tuo semestre. Tentano si schiodarmi dal mio 18, ma non resta nulla che faccia al caso mio. Rispondo a tono. Chiamano Juri, un ragazzo che è all'ospedale. Vediamo se riescono a convincerlo ad aderire all'unico progetto che manca di un membro. Niente: "For me they're all ok except for that". Porco cane. Ditte, ragazza danese con gote e capelli rossi, tenta di sponsorizzare il suo progetto per reclutare compagni e smuovere la situazione. Si trova per finire a rinunciare alla sue scelte e a tappare il buco mancante. Okay, pare possa andare bene. Tutti sicuri? Piotr (il rappresentante) che domande fai. E' ovvio che va bene, basta, stop. Freeze the situation please!
Sono con Jon, Mathias e Julian. Jon era in gruppo con Fede il semestre scorso, gran lavoratore e mente fina a quanto dicono. Mathias e Julian ne sanno a pacchi di programmazione (a quanto dicono), il primo è molto socievole, il secondo è un militare. Abbastanza socievole pure lui. Ecco il progetto a cui lavoreremo:

Project Title: Telehealth monitoring with smartphone technology
Background:
Teledi@log is an ongoing project at Aalborg University. The aim of Teledi@log is to develop telecommunication rehabilitation concepts and technologies, so that all severities of heart patients can be offered an individual, differentiated and coordinated telecommunications rehabilitation across sectors. The project is innovative and combines frameworks in relation to existing national and international research projects in the field. Existing rehabilitation of cardiac patients in Denmark are deficient. Only 3% of the more than 86,000 Danes hospitalized with heart and circulatory disorders each year are offered full rehabilitation (Heart Foundation 2010). Therefore, it is essential to develop new concepts and test scenarios which basically seek to create a more coherent rehabilitation of heart patients and to explore new avenues with respect to patient education and organizing across health care boundaries.
Aim & Solution:
An interesting approach could be to investigate if smartphones can be used to record data, pre-process it and send it for further observation. Patients could be observed from home and their recorded data could be used to help improve rehabilitation, observation and treatment of heart patients and post-heart surgery patients at home. The data can also be used for further studies of different heart disorders.
One possible strategy for investigating the above mentioned, could be to make (1) a smartphone software platform, which could be used to record data from future recording components and (2) to connect the software platform with a national patient database where the biological signals can be observed/stored and further processed.
Perspectives for the students:
Students will be able to combine research with real life problems, Le. handling and usage of recorded biological parameters. The project will be a part of the Teledi@log project where students have the possibility to co-operate with companies like KMD, IBM, WPR Medical AS (Norway) and many more. The focus is mainly on medical informatics, where students will gain huge experience with the Danish health sector and its components within telecommunication and within tele-home care related to heart patients. The project will also give students the possibility to gain new connections to those medical companies which are partners with the Teledi@log project.
Project Proposers:
Birthe Irene Dinesen (bid@hst.aau.dk)
John Hansen (joh@hst.aau.dk)

Si sono fatte le 12, scambio i contatti con i ragazzi del gruppo, esco dal labirinto, prendo il pullman giusto, arrivo in centro. Passo a ritirare le chiavi che son ofinalmente disponibili all'accommodation office. "E la laundry card?!" gli faccio. "Oh, we don't really know... let us check the other envelope". Ok erano nell'altra busta, quella delle chiavi del mio coinquilino. Me ne esco soddisfatto di saperne più di loro. Il Burger King in Nytorv mi pare un buon compromesso per il pranzo: cheesburger e patatine. Dalle due in poi ci sarà un incontro per presentare le iniziative extracurricolari e far incontrare ad ogni studente nuovo il proprio Buddy.
Siamo a Nordkraft, posso apprezzare la brezza che arriva dal fiordo. E' a pochi metri da me, ma la zona industriale lo fa sembrare un canale artificiale. Tutto si terrà all'interno di un capannone enorme, in una specie di padiglione che funge anche da teatro o sala concerti: Skråen. Sono in forte anticipo ma in giro non c'è molto da vedere. Entro, c'è lo stand dell'International Office: faccio loro presente che non ho ancora ricevuto la Student Card. Mi dicono che forse hanno perso modulo e foto. Padova style insomma. Fortunatamente ho dietro le fototessere, e ho con me anche la forbicina per tagliarne una. Si stupiscono della mia dotazione, mi stupisco del loro stupore. Seguono le presentazioni di un sacco di offerte: dal corso di danese al gite organizzate, dalla festa di benvenuto del 10 febbraio al corso di cultura danese... Siamo tutti in piedi. Non c'è una sedia - calo di concentrazione. Ascolto solo il discorso di benvenuto del rettore: ha una strana collana che sembra una catena di bicicletta da cui pende la medaglia dell'università. Forse lo ascolto solo per quel suo tocco di nobiltà. Conosco man mano altri italiani. Conosco la mia buddy, è Teresa, ci eravamo già scambiati una mail tanto per capire ognuno che faccia cercare. Ha vent'anni e viene da Malaga. In realtà non ho bisogno di una buddy, ho risolto praticamente tutto...ma mi guadagno un invito a cena: lei e altri suoi amici - buddy anche loro - vivono in centro e hanno pensato di farci provare le loro omelette spagnole e una pizza. 
Arriva presto sera, dopo un giro per la città in loro compagnia me ne torno a casa per una doccia veloce e sono pronto. Gli spagnoli sono molto molto socievoli ed espansivi, su tutti un ragazzo - Diego - che tra l'altro fino alla settimana scorsa viveva nello stesso identico appartamento dove andrò a stare io domani. Ci sono una francese che non la smette di parlare un inglese opprimente. Racconta a tutti le sue esperienze ma nessuno la caga. E' tanto noiosa quanto grassa purtroppo. L'altra ospite è una ragazza sud-coreana. Le dico che mi è sempre piaciuta la loro bandiera, è contenta di saperlo ma credo sia l'unica cosa che capisce dell'intera serata. Alle domande che gli vengono poste risponde con frasi che non c'entrano una mazza. Tento di capire le sue difficoltà e, dopo aver fatto i complimenti per le nachos con salsa di piselli, avocado e non so cos'altro e per la almost perfect pizza - lasciamoli gasare 'sti spagnoli, dopotutto sono stati molto gentili - sprofondo su un divano seduto accanto a Pablo. Pablo dev'essere alto più di due metri, è magro e china la testa per passare illeso attraverso le porte. Ci guardiamo Barcelona - Valencia: Messi si fa parare un rigore. Pablo si arrabbia. Saluto tutti, ringrazio molto e me ne torno a casa. Mi dicono che ci saremmo visti dopo alla Student House - c'è una sorta di festa d'accoglienza - ma già so che non ci andrò! Domattina devo alzarmi presto e trasferirmi. Diego mi ha detto che la stanza sulla sinistra è la migliore.

sabato 4 febbraio 2012

Chapter 3: Those first days [part two]

THE DAY AFTER
Sveglia posticipata il mattino seguente! E' giusto concedersi di recuperare le energie nonostante abbia un mucchio di cose da fare. Colazione ad orario inverosimile. Ok, gli orari della routine slittano come la slitta di Babbo Natale sulla neve danese: ci troviamo a pranzare verso le 17. MI vedo costretto a coniare un neologismo: "lunner". Sì cavolo, tipo brunch...solo che invece di essere tra colazione e pranzo è tra pranzo e cena. Poco male...mettiamo su un riso, piatto unico, tutti d'accordo. Siamo io, Federico e Yves Remi, il belga che pare francese. Sento la Cleer: tutto sembra procedere bene in cucina. Il condimento per il riso bollito sono piselli su un soffritto di cipolla e tre uova a mo' di carbonara. Torno di là che è meglio. Ma che diavolo...?! Hahahah il riso è andato, colla, sbobba. Tocca buttare tutto: il belga ha cucinato le porzioni in una pentola piena di acqua fredda. Eccolo qua il nuovo riso, è pronto, è ottimo, dolce e raffinato, squisitamente delizioso! Dico: "Tra un'ora mia nonna cena tipo...", gli altri  ridono. Lasciamo l'appartamento, Federico mi fa percorrere le vie principali della città mettendo alla prova il mio orientamento. Partiamo da Danmarksgade, giriamo giù per il Boulevarden, sembra facile: siamo a Nytorv. Proseguiamo fino a piazza Kennedy mi pare - sì vabbè, io l'ho nominata piazza Garibaldi, c'è la statua di un condottiero a cavallo - e arriviamo alla stazione dei treni e a quella degli autobus, il terminal. La biglietteria è chiusa. Mi faccio le fototessere, il software è in danese maledizione, spero non scatti senza avvisare. Non accetta le mie banconote, ne provo tre ma niente, usiamo la buona vecchia moneta. About 13 euro e la mia faccia è stampata sei volte: cheap! O_o Prossima tappa: bicicletta! Si va da Claudio, un ragazzo italiano, di Roma mi pare. Lui ci è dentro ai giri delle bici, abita all'ultimo piano di un palazzo fotocopia al nostro. Fede entra e lo sveglia nonostante l'avessimo avvisato, lui pare non risentirsene: d'altra parte gli sgancio 350 corone. E' un bici viola (uaooo), tipo city bike ma più squadrata: mai viste di simili. Ha un sistema di frenatura intrigante: classici freni a pattini di gomma davanti, freno a contropedale (cit. Wikipedia) dietro. Quello posteriore è strano, sicuramente mi salverà il culo più e più volte dato che quello anteriore - ghiacciato - scivolerò. Ovviamente non prima di avermi fatto perdere l'equilibrio almeno altrettante volte. Provo la bici, sembra andare, non è affatto male. Sella un pochino alta, cappello un attimo in curva col fatto della contropedalata ma niente paura, torno in garage.  Okay, la compro - fammi bene Claudio, inclusi lucchetto e fanalini - scendo e do modo a tutti di apprezzare una chiara dimostrazione dell'effetto domino. Cinque-sei bici cadono una dopo l'altra. Ma cacchio, ne ho sfiorata una. Dannnazione! I fanalini qua sono indispensabili, ti danno la multa se ti beccano senza, d'altra parte le piste ciclabili sono tipo autostrade in miniatura su cui sfrecciare a 50 all'ora. E anche il campanello dovrebbe esserlo, ma se non ce l'ha ti richiamano e basta a quanto pare: chissenefrega, dunque. Portiamo la bici a casa, le gonfierò le camere d'aria nei prossimi giorni. Andiamo a vedere come funziona la lavatrice del palazzo. C'è un libro su cui segnarsi e prenotare le proprie due ore di tempo. Ci mettiamo cinque minuti a capire che la tabella sul foglio indica i giorni della settimana, e quattro volte tanto a capire come potrebbe funzionare. Un ragazzotto d'oltralpe scende a controllare la sua laundry: pare incazzato. Irretito anzi. In effetti la lavatrice non scarica l'acqua per intero e dunque la centrifuga è futile. La roba resta insaponata. Vabbè, saliamo. E' presto per cenare, saranno le 20. Dopo mangiato viene su la Chiara - ovviamente la scambio per la Martina finché non entra. E' un po' agitata per domani: non sappiamo bene dove andare di preciso, io son tranquillo: Federico è skillato in questo e mi mostrerà tutto dopo. Lei no. Lei non sa nemmeno se il giorno dopo avrà o meno il primo incontro - semester startup. Anch'io sarei un pochino nervosetto, comunque poi ci raggunge anche la Martina. Dopo aver discusso sulla complessità strutturale del campus concludiamo che domattina lai verrà con noi. "Aspettaci giù alle 8.15 - prendiamo il pullman e arriviamo giusti".

venerdì 3 febbraio 2012

Chapter 2: Those first days [part one]

Hey guys! Eccomi qua a raccontarvi di "quei primi giorni" dei quali non sapete ancora niente causa mio sovraffollamento di cose da fare. Ridurrò tutto a qualche aneddoto qua e là, limitandomi a fare dei flash e allegare foto senza flash (come da mio stile, at all). Vi avviso già subito che ho oramai deciso di tenere il blog in linguaggio ibrido, poiché alcuni termini in inglese non possono essere resi/non hanno la stessa resa, o perché semplicemente non mi viene la traduzione! Anyway, dividerò tutto in paragrafi:

THE TRAVEL
Ok, salto in tronco la vigilia altrimenti mi viene un po' di nostalgia (magari ne ricaverò un post in cui potervi ringraziare tutti per i meravigliosi saluti che mi avete riservato: un abbraccione a tutti, Clara ti amo, Famiglia ti voglio bene!). Viaggio in aereo prenotato alcuni mesi in anticipo. Trecento euro volati (nel vero senso della parola), ma per lo meno la KLM mi ha concesso di portare un bagaglio stiva da 23 kg e un bagaglio a mano da 12 kg, which is not bad per uno come me che è solito portare con sè un bel po' di roba e che si riduce ogni volta a pesare la valigia con due bilance diverse per ovviare ad eventuali starature! E visto che ci sono ne approfitto per affermare che viaggiare è in tal senso un buon modo per tenere sotto controllo il proprio peso corporeo dato che, for those of you who used to weigh the luggage by hanging it on the scale and subtracting your weight to the readable numbers, è necessario vedersi sbattuti in faccia i propri 68 chiletti ogni volta. Notte breve, agitata e quasi insonne quella della vigilia. Sveglia alle 4 del mattino, colazione leggera (ho un nodo esofageo che mi chiude lo stomaco), eccoli là i miei bagagli: c'è tutto. O ca**o, il cellulare: "Luca fammi uno squillo che non lo trovo più!". Ah sì, ce l'ho addosso...maledetta camicia con le tasche. Pochi ultimi accordi e un arpeggio chiaramente improvvisato escono dalla chitarra di mio fratello che è preso con le bombe e rinuncia per il suo bene ad accompagnarmi (a proposito, stai meglio o sei ancora chiuso come un portone?). Si parte, ho il posto d'onore accanto al guidatore - mia mamma di rado sale dietro ma ha pensato bene di concedermi un parabrezza intero per poter rimirare per l'ultima volta i paesaggi veneti. Sono le 4.40, il volo è alle 6.30 ma in giro non c'è un cane...arriveremo prestissimo! Orario balordo questo, ma è l'unica soluzione in grado di farmi arrivare ad Aalborg con il sole ancora "alto". Tiro fuori il cellulare dalla tasca, averlo in mano mi dà sempre una sensazione di potere. Dannazione una chiamata persa: Fratello Voda. Che cavolo posso essermi dimenticato a casa?!? Siamo già in bretella, fuori dalla tangenziale. Penso già al pacco da farmi inviare e richiamo Luca ancora inmattonito dall'after della notte. No, aspetta - dopo uno squillo metto giù - cala la tensione: era lo squillo di quando non trovavo il cellulare, altro che chiamata persa. Fiiiuu... Check in, ci siamo, tutto a posto. Devo aver dimenticato il tritolo a casa o forse non è stato rilevato dal metal detector. Raccolgo la roba dalle mie tre vaschette piene, con calma: ho un sacco di tempo. Ultimo sguardo indietro: vedo i miei che si sporgono: ciao papà, ciao mamma! Come farò senza di voi - come farete senza di me?! A farmi vincere i primi minuti di solitudine un tipo curioso mi si avvicina: si presenta come Leo(-poldo: l'ho letto dal suo biglietto, è inutile che faccia finta di avere un nome figo). "Studente Erasmus?", mi fa, "Sì, certo... si vede?!" gli rispondo prontamente ripensando insistentemente alla scena del film "L'appartamento spagnolo" del quale ho visto solo i primi 15 minuti. Mi dice che ho troppa roba e che lui ha fatto l'Erasmus in Finlandia anni fa, poi è tornato là pure per la tesi e il dottorato. Lavora a Londra mi pare di aver capito. Ha una parlata strana, di accento dico. Non saprei dire da dove viene di preciso ma quel che conta è che mi tiene la mente occupata e la tristezza del distacco lontana. E' il momento del boarding: ho un bagaglio a mano eccessivo, ingombrante. Un borsone grande, forse oversize ma di sicuro non overweight, scommetto che do un sacco nell'occhio ma nessuno sembra curarsene. Nemmeno la gentilissima hostess della KLM che mi trovo davanti in aereo. D'altra parte ormai sono a bordo e, nonostante il mio bagaglio ci stia in cappelliera solo per miracolo costringendo un altro passeggero a lasciare il suo vicino alla cabina di pilotaggio, si parte. E' la classica fase del "chi sarà il mio vicino?". Il mio sembra essere l'uomo invisibile dato che è trasparente e mi cede volentieri - senza emettere alcun suono o gesto - il posto vicino al finestrino. Sembra anzi molto contento di reggermi giubbotto e reflex. Meglio per me. Colazione con panini al formaggio e prosciutto, ovvio che non li mangio. Semmai quando mi verrà fame torneranno utili. C'è tanta neve nelle Alpi, non so di preciso dove ma ce n'è tanta. Vallate piene e paesini sommersi! Poi un tappeto di nuvole, come un mare in pratica. Ma prima uno spettacolo di lucine e lucette, nastri gialli che si articolano come capillari di un' angiografia su uno sfondo nero formando reti, loop, cerchietti qua e là (evviva le rotonde!!!). Eccomi qua, sono ad Amsterdam. E ho qualche ora di attesa allo Schiphol, il quarto aeroporto più grande d'Europa. Ne apprezzo solo il terminal B: qui sono atterrato e da qui decollerò. Ok proviamo la reflex! Strane opere d'arte tipo maschere gigantesche luminose policromatiche opprimono un passaggio verso la zona duty free. Che poi non si è mai capito perchè se è duty free costa tutto un botto lo stesso. Beh, in ogni caso non ho bisogno di niente per fortuna. Vado nei pressi del mio gate, almeno tento di riposare un po'... Ci sono persone sedute in attesa del loro volo: ce n'è uno verso Venezia prima del mio per Amsterdam. Wow, coincidenze...Oh ma che bello: una postazione con le prese dove attaccarmi col notebook (che ormai pare avere un'autonomia a batteria di circa 2 minuti). Ma what the fu*k: fase e neutro sono ok...ma la terra è spostata. E il mio adattatore è in valigia obviously. Vabbè, rassegnato mi reco nei pressi di un bar travestito da una commistione di sport: passano Nadal vs. Djokovic su un paio di LCD appese dal soffitto. Eccomi sulle prime poltroncine utili: mi trovo alla perfetta distanza per vedere tutto except for the tennis ball. Anche questa è andata. Sento una signora parlare animatamente con una ragazza: è in merda perchè non trova il volo. Non aveva cambiato fuso orario al suo orologio. Un altro anziano in attesa del volo per Aalborg assume pastiglie cadutegli sul pavimento, peggior ricettacolo di batteri dopo le tastiere degli internet point. Dai che si riparte: il secondo aereo è decisamente più piccolo (un Fokker 70 contro l'Embraer 190 di prima). Non c'è problema comunque, se non per la tendenza della KLM a servire un pasto proporzionale alla grandezza dell'aeromobile. Mi farò bastare questo magnifico pacchettino di rodeo da 20 grammi. Un po' di turbolenze ravvivano il percorso verso la Danimarca, e il tunnel di nuvole ci accompagna per un bel po'. Manca poco, ecco il Limfjiorden, non sono sicuro che lo sia but I guess it (per i curoiosi: si rivelerà essere effettivamente il Limfjorden). Atterriamo a livello della parte più stretta del fiordo: è tutto ghiacciato qua. Ghiacciato e a chiazze. Pare tipo una distesa in fantasia pied de poule. Vento, aria, raffiche assurde appena scendo. Aeroporto simile alla hall di un albergo, piccolo. Un cane antidroga controlla i bagagli correndo allegramente sul nastro trasportatore.

EARLY STEPS IN AALBORG
Accendo il cellulare e ricevo subito un sms that sounds like: "Ciao Andrea, dall'aeroporto uscendo hai di fronte a te la fermata dell'autobus per arrivare in centro. Il biglietto si fa sull'autobus. C'è un bancomat in aeroporto se devi ritirare. Ti conviene scendere a Nytorv. Se vuoi che ci troviamo lì scrivici. Se sei affamato ti facciamo anche una pasta.". Telegrafico, ma cosa volere di più dalla vita?! So che metà di voi starà pensando ad un Lucano, ma sinceramente io in quel momento ho benedetto il cielo e ho chiamato il mittente: Federico. Federico e Martina sono qua ad Aalborg in Erasmus da settembre, sono stati in corso con me fino all'anno scorso. Scendo a Nytorv allora, per il pranzo ho i panini della colazione. Sembro piuttosto scoordinato con i bagagli ma d'altra parte sto scarrozzando trenta chili abbondanti. Chiamo casa, è necessario che sappiano che è andato tutto bene. La Cleer mi stava aspettando, i miei anche. Arrivano a breve anche Federico e la Martina: dalla fermata dell'autobus saranno 2 minuti fino alla Student House. La Studenterhuset (il danese è tanto strano) è una struttura che ospita un bar - meta e punto d'incontro degli studenti internazionali - con un biliardo e una decina di tavolini, poi al piano superiore alcuni uffici e la stanza dove accolgono i just arrived students. Mi registro, compilo un modulo. Lo consegno. Ne ricevo altri 20. Mi danno una borsa di stoffa, la comune borsa che ti danno le università. Mmmh questa sembra anche meglio delle altre. Riempiono man mano la borsa di unuseful stuff. Però ho la mappa della città e del campus. "Il mio alloggio? In Brandevej [pronuncio brandevesjh, era brandevai... fingono di non capire per mettermi in imbarazzo]". Non è ancora disponibile, non hanno le chiavi. Poco male, starò qualche notte da Federico in centro città. Prendo un tè con la Martina e Federico, conosciamo una ragazza - Marie Eve - che viene dal Quebec. Arriva poi un loro amico, spagnolo, insieme ci beviamo una birra al bar della Student House. Mi sistemo nel palazzo di Federico e della Martina: lei sta al piano rialzato, lui al terzo. E' una scalata con quei trenta chili. Ha una gran camera, con un divano che diventerà presumibilmente il mio letto. L'appartamento accoglie cinque studenti, con la cucina e il bagno condivisi, e un corridoio a collegare le varie camere. Sembrano simpatici - ce ne sono solo due a casa: Yvés Remi (belga) e Eugene(-os Greco). C'è un po' di casino in giro, la cucina è piccolina ma ha proprio tutto, dal forno a micro onde al bollitore. Hanno una collezione di spezie che primeggia su due mensole. Andiamo a fare la spesa al Netto market, un discount a 20 metri. Si capisce poco o niente dalle etichette, le figure diventano in questo senso essenziali. Qua vendono le verdure incellofanate singolarmente, un cetriolo, un cavolfiore. La carne e il pesce sono costosissimi, ma Federico ne sa a pacchi, quindi non ci mettiamo molto a comprare tutto quello che serve. Per far posto alla spesa liberiamo un pianale della credenza sistemando razionalmente una cinquantina di contenitori in plastica per il cibo. Compiaciuti del nostro lavoro decidiamo di cucinare la cena. Spaghetti al pomodoro e tonno, mi sento ancora a casa! 
Subito dopo ci raggiungono la Martina, sua sorella Chiara (hey, they're twins!), Elena loro coinquilina e Yasmina idem ma francese. Beviamo un tè ed esprimiamo considerazioni sulla botta di roba da mangiare che delle ragazze del piano di sotto hanno regalato ai ragazzi dell'appartamento di Federico. Scatoloni che ci sono stati a malapena in dispensa. Qualcosa anche di assurdo. Ma comunque eccoci qua!
Come dicevo il mio letto è un divano elaborato: due piumoni, cuscini e coperte ne alzano la seduta e provvedono ad ovviare alla sua inconcepibile inclinazione. A coprirmi bastano le lenzuola e un plaid di pile leggero, finalmente riposo.