sabato 2 giugno 2012

Chapter 24: Italy again: I’d miss few things of you!

Italy, sweet Italy! Vacanze di Pasqua (e questo fa capire quanto sia in ritardo...damn!), una finestra di vacanze da sfruttare per farsi un viaggetto qua nei dintorni...o semplicemente tornare a casa e respirare quell'aria familiare che, inevitabilmente, un po’ ti è mancata in questi primi mesi. Scelgo la seconda opzione, ovviamente. E’ ormai già tutto programmato da tempo: volo con KLM e breve scalo ad Amsterdam. Programmata da tempo anche la sorpresa da fare alla Cleer. Mi sono scritto un foglietto sulla scrivania (dal titolo fake flight), con un finto volo di ritorno, due giorni più tardi. Ogni volta che ne parliamo non indugio nel propinarle qualche dato o orario perfetto inerente il mio arrivo. Pasqua è l’8, torno il 4, lei crede sia a casa non prima del 6. Mi viene da ridere ogni volta ma sono sicuro che sarà una bella sorpresa per lei trovarmi da qualche parte - non ho ancora deciso come e dove - dopo un sacco di tempo distanti. La valigia è fatta quasi completamente qualche giorno prima, devo stare attento a non svuotare troppo la camera e a tacere sul fatto che sto impacchettando tutto. Rischio troppo in una videocall: “Cosa stai facendo?!” mi fa lei - “Ho un sacco di cose da fare per il project, e devo anche finire la valigia!”. Peccato manchino 3 giorni al fake flight... “Valigia? Beh, ma hai ancora tempo...”, e io “Ah, sì, certo...ma sai come sono... non voglio trovarmi all’ultimo... poi dovrò anche trovare una bilancia per pesarla!”. Salvato in corner. Ho già pronta una scusa per la giornata del 4: non ci sentiremo, ho il volo al mattino. Le spiego che saremo impegnati col progettone fino al tardo pomeriggio, e poi cena di gruppo a casa di Mathias. Tutto fila liscio e il mattino di mercoledì arriva in fretta: ho tutto, maglioni pesanti e vestiti da riportare a casa sono in valigia, la bilancia è di nuovo in grouproom dopo aver pesato i miei 21 chilogrammi scarsi, borsone in spalla e si va. Il pullman che mi porterà in aeroporto parte dall’università: una breve discesa e sono là. Orlin mi vuole accompagnare: deve andare anche lui al campus e così decidiamo di partire assieme. Un singolo minuto fuori di casa e già mi accorgo di aver sbagliato scarpe. Altro che Tiger...devo mettermi gli scarponcini Timberland invece di lasciarli qua inutilmente per la primavera! Torno indietro in un attimo, li cambio e in pochi minuti siamo giù. L’autobus arriva dopo 2 minuti... il mio biglietto spiegazzato fa i capricci con l’obliteratrice. L’autista mi scrive data e ora senza troppi problemi e parte in direzione aeroporto. Mi guardo intorno contento di lasciare Aalborg. Contento perché ho bisogno di rivedere tutti, di ritrovare la mia realtà, la mia famiglia, i miei amici, il mio amore. Contento solo perché so che tra qualche giorno, comunque vada, sarò di nuovo qui rinvigorito e ricaricato. Nulla degno di nota durante il viaggio, eccetto vivaci turbolenze appena sopra Aalborg e qualche curiosa attrazione scientifica all’aeroporto di Amsterdam.

Arrivo al Marco Polo, le prime parole di mia mamma: “Si vede che arrivi dal freddo!”. In effetti il mio abbigliamento pesante e i miei scarponcini mal si abbinano alle già tiepide e comunque afose temperature italiane. L’abbraccio è di quelli che raramente ci hanno stretti insieme. Siamo entrambi felici. Il mio piano per sorprendere la Cleer è questo: lei ha ripetizioni nel pomeriggio e confessioni la sera. Mentre lei è in chiesa dovrei andare a casa sua, iniziare una Skype call tra il mio laptop e il suo, lasciare il suo sul tappeto in ingresso e nascondermi in camera sua assicurandomi di avere uno sfondo bianco o comunque non riconoscibile. A quel punto, una volta tornata a casa, lei mi chiederebbe il nesso del suo computer là per terra con una videocall in atto...e dopo aver tergiversato un pochino mi dovrei girare e includere nel background della videochiamata qualcosa di inequivocabile...qualcosa che la faccia correre su per le scale e poi. Ma come posso aspettare fino a stasera?! Sono a casa, mia nonna da casa sua è già con la testa fuori dal davanzale ad aspettarmi. Devono essere almeno 20 minuti che è lì. Passo due secondi rapidi da lei non prima però di aver riabbracciato Lilly. Casa mia, svuoto la valigia. Riassaporo l’atmosfera della mia camera e di quelle quattro pareti che da quando sono nato hanno visto passare pupazzi, giochi, poster del milan e non, calendari d’ogni sorte, cd e tanta tanta fancy stuff. Decido di chiamare Luca, screw the plan. Si fa qualcosa adesso, prima di cena. Lui sta tornando da ping pong, mi dice che è all’inizio di via Luneo. Bene - penso - allora è ancora vicino a casa della Cleer: ho bisogno di lui come complice! Ci troviamo al parcheggio dell’Hollywood, solo là scopro che era arrivato all’altro inizio di via luneo (qualche buon km più in là). E ci troviamo senza la minima idea sul da farsi; in pochi minuti imbastiamo questa sorta di sorpresa. “Tu Luca le suoni, dovrebbe essere a casa...tieni pure su lo zaino così sembra proprio che tu stia tornando da ping pong. Mostrati un po’ affannato e chiedile di entrare e di sederti, così non restate là in ingresso che sennò poi lei dalla porta a vetri vede tutto. Le dici che tornando indietro ti è venuto in mente di chiederle se aveva in mente qualcosa - tipo una sorpresa - per il mio ritorno. Qualcosa da fare in aeroporto dopodomani... insomma tergiversa un pochino e appena entri lasciami il cancello accostato...ah, e inventati una scusa tipo che devi andare a casa per cenare, ché non voglio stare fuori un’ora...”. Detto, fatto. Lascio la macchina qualche decina di metri prima e spio da dietro il muretto la situazione. In due secondi, non appena li vedo voltare l’angolo, sono dentro al giardino. Il cancello cigola clamorosamente - santo cielo, non potrà mica rovinarmi tutto. Mi appiattisco al muro subito di fianco alla porta d’ingresso dove qualche secondo prima mio fratello era entrato. Lascio sull’aia una bandierina danese e un ovetto decorato che ho comprato ad Aalborg. Ho le ginocchia che mi tremano e il fiato corto... mi sembra di rivivere le emozioni delle prime volte, quando ancora ero impacciato e non ci sapevo fare proprio un bel niente. Eccoli, li sento dietro di me, stanno uscendo. Luca sorpassa come niente fosse le due cosucce per terra, la Cleer resta qualche passo indietro, ancora appoggiata alla porta accostata. Pochi centimetri. Continuano a parlare...Ma non se ne accorge?! “Ma...cosa..?!”. Non le lascio pronunciare altre parole, salto fuori da dietro, lei è di spalle...la stringo in un abbraccio che sa quasi di placcaggio rugbistico. Spaventata si gira, esterrefatta si lascia andare. “Cosa ci fai qua?!” - mi dice sbalordita - “non dovevi tornare dopodomani?! ...no, no, adesso mi dovete spiegare!”. Passiamo i minuti successivi a ritrovare quel contatto che tanto ci era mancato. La successiva mezz’ora a realizzare che siamo proprio noi, proprio lì insieme. Poi tocca ai suoi, stupiti e meravigliati anche loro che una cosa del genere sia potuta stare in piedi. Porto a destinazione il vassoio di flødeboller e ci diamo appuntamento a dopo cena.

Capitolo Pasqua: inutile raccontare l’infinità di domande ricevute da parentame, amici, amici di amici e passanti. Le risposte si trovano già in questo blog. E’ comunque bello ritrovare anche l’ambiente parrocchiale, sentire finalmente una messa in italiano, uscire e restare mezz’ora a parlare di come stanno andando le cose con gli amici che mi stanno accogliendo con la stessa passione e felicità del momento in cui ci siamo lasciati. Serata al Boombastic tutti assieme, tavolo di 30 e più persone, insomma...questa è casa!

Gliel’avevo promesso. Quando verrai a Venezia dobbiamo metterci d’accordo che ti faccio da Cicerone...o meglio la Clara ti farà da guida dato che conosce città, locali e posti da visitare molto meglio di me. Così un pomeriggio aspettiamo la Clemen in cima al ponte degli Scalzi - dopo esserci un po’ incasinati tra questo e quello di Calatrava: non si è ancora ambientata. E’ qua a Venezia da un giorno, ospite di un’amica. Arriva da qualche giorno a Milano, ne trascorrerà altri in giro qua al nord. La Clara mi chiede qualche tratto identificativo per riconoscerla. Scherzando le dico che di solito è vestita di verde. Un minuto dopo arriva in t-shirt verde sgargiante la Clementina con ‘sta sua amica. Che strano mi fa vederla qua: è come se fosse l’unico bridge tra le due realtà che sto vivendo. In effetti è l’unica persona presente là con me ad Aalborg ad aver squarciato la parete di queste mie due bolle di sapone. Dovrò trovare un modo per farlo sembrare meno weird. Tutto intendo: alla fine non sono compartimenti stagni quelli che sto vivendo. Non devono esserlo sennò rischio di perdere esperienze ed emozioni danesi, o quantomeno di chiuderle dentro ad un armadio e ritrovarle nostalgicamente una volta all’anno sotto due centimetri di povere. Ma sono discorsi che farò più avanti. Venezia resiste semi serena nonostante le previsioni. Rialto, San Marco, Palazzo Ducale e campo Santa Margherita sono solo alcuni dei punti che tocchiamo nel nostro tour pomeridiano. La Clemen non la smette di fare foto. Cerca souvenir tipici, le consigliamo la murrina dato che è per sua mamma. Finisce per comprare una manciata di collanine con ciondolo di murrina in un negozio sul ponte di Rialto. Assurdo per chiunque, ma non ha voluto sentire ragioni. Ed è tanto gentile da regalarne una alla Cleer come ringraziamento per aver dedicato un pomeriggio a lei. So sweet! Ora di cena: sinceramente il momento che aspettavo almeno da metà pomeriggio a questa parte. Si va al Remèr! Splendido locale davvero caratteristico, il Remèr si sviluppa in un cortile interno accessibile attraverso una stretta calle angolare; questo baccaro di medio alto livello si affaccia su un piccolo spiazzo campiello che dà sul Canal Grande. Dopo le il 17 menù spritz e buffet fa del Remèr una tra i punti di ristoro più rinomati dalla popolazione autoctona. Beh, insomma... tra bruschette, riso ai funghi, pasta al pomodoro e altre specialità tipiche - il tutto accompagnato da uno spritz calibrato - ne siamo usciti sazi di cibo e di una bella giornata.

Ultimi giorni italiani trascorsi in montagna; Le Laite sono sempre in grado di dare un tocco di magia in più a qualsiasi cosa... specialmente a momenti di arrivederci come questo.

Grazie famiglia. Grazie amici. Grazie Luca. Grazie Clara.

Adesso di nuovo Danimarca: Aalborg here I come!