giovedì 1 marzo 2012

Chapter 8: 15 ECTS Project - first steps

Ragazzi: abbiamo la Group Room, è vero non ve l'ho ancora detto. O forse sì?! Beh comunque...sta gran stanza con le classiche sedie con le ruote che perdi 10 minuti a sistemare il loro schienale ogni volta, ma che poi ti confortevolizzano i momenti di spremitura di meningi! Ste tre gran blackboards, manca il cancellino - in effetti stiamo usando salviette di carta... - scaffali per la nostra roba, e una chiave a testa.  250 corone di caparra a testa, ma davvero grandioso poter avere una room dove lasciare giù giubbotto, libri che non servono, anche laptop o qualunque altro impiccio d'impaccio. Non ha prezzo avere sempre un posto dove sai che puoi andare tra una lezione e l'altra, dove sai che puoi davvero trovare il clima adatto per concentrarti su quello a cui stai lavorando col tuo gruppo. Considerando che a Padova le aule studio sono sempre stracolme e rumorose, si tratta di un bel cambiamento per me! E' ancora un po' anonima e spoglia ma pian piano ci daremo da fare per personalizzarla a dovere! Nel frattempo stiamo muovendo i primi passi: "in cosa consiste precisamente un progetto?" - domando. Hanno le idee molto chiare: ne fanno uno a semestre. Sono tutti e tre molto ambiziosi e motivati, vogliono fare qualcosa di importante, concreto, pubblicabile e che lasci un segno. Mi illustrano tutte le parti da cui è costituita la struttura standard del lavoro, lo scheletro che dovremo muscolarizzare e le sezioni che dovranno essere imbottite - tutto naturalmente da redarre in LateX. A prima vista mi pare tanto uno spauracchio questo LateX, non so...me la vedo più brutta a tornare a progammare in Java dopo anni di assenteismo dal mondo degli Eclipsiani rispetto a inserire qualche riga di codice per far comparire una figura in mezzo al testo! Soprattutto se queste porzioni di codice sono già preconfezionate (termine che oggi ho scoperto tradursi come "off-the-shelves"). Non spreco altre parole comunque perché non l'ho ancora conosciuto così a fondo da poterlo giudicare sto LateX (però so la pronuncia corretta della parola!)...e come ben ricorderete non sono un ragazzo preconcettuale. Capire intanto cosa siano le keywords intorno alle quali gira tutto il nostro progetto, questo il nostro primo goal. Telemedicina / Telehomecare / Telecare / Telehealth / E-Health / Telemonitoring... (pro-contro, state of art), Android, Open Source, BLE (Bluetooth 4.0 Low Energy), Design Science... ma tra software, piattaforme, framework e database, ogni tanto, dato che c'è anche una piccola cucina a due passi, ci prendiamo qualche break...Unico pettino è che siamo praticamente far away dalle consuete aule di lezione e dall'usuale ingresso al campus. Ah altro pettino è la connessione wifi un po' lentuccia...ma a quanto pare this issue affects much more i laptop degli altri: la mia cara vecchia bestiola non pare risentirne più di tanto!

Pochi giorni fa abbiamo firmato una specie di contratto: ora facciamo effettivamente parte di un progetto più grande, il teledi@log. Mi hanno tradotto le due pagine di indicazioni danesi a cui dovremo sottostare. Non c'è male: i dati che tratteremo saranno confidenziali, le idee che avremo e le conclusioni a cui giungeremo dovranno restare all'interno del personale coinvolto nella ricerca. Questo fino al 2015. So serious! [Qualche giorno fa ho fatto maratona Batman quindi mi sneto in dovere di piazzare il detentore del monopolio sulla parola "serious"]. Birthe e John sono i nostri supervisori...avrò sicuramente modo di descriverveli più avanti...Molto disponibili, lui dal punto di vista tecnologicamente tecnico, lei dal punto di vista dell'umana accoglienza. Lui ingegnere, lei ex infermiera e ora immersa nel mondo della tecnologia con scarsa preparazione in campo scientifico ma magnifica esperienza in quello ospedaliero. Il giusto mix! Siamo già proiettati in avanti...prossimo slancio: meeting con un contatto all'IBM di Aarhus. OH.MY.GOSH!


Tornando con i piedi per terra...e più precisamente sulla terra verde d'erba (o bianca di neve), grigia d'asfalto e arancio di mattoni del main campus...devo confessarvi che c'è una room in uno dei complessi vicini a noi... L'E mi pare. Beh, in questa stanza dalle ampie vetrate ogni primo giovedì del mese danno la birra a 16 DKK (14 se conservi il bicchiere) - che non è poi malaccio -, c'è la play station con i joystick wireless e quelli con i sensori di movimento tipo wii, divanetti, giochi in scatola, calcetti...insomma, il regno delle tentazioni quando ti trovi a dover trascorrere giornate intere all'università. [Per fortuna non mi ricordo già più dove sia esattamente...!] Beh comunque qualche giovedì fa ci siamo andati, e da buon italiano come avrei potuto non partecipare a qualche match di biliardino: sto con Mathias. Le prime partite di riscaldamento sono sufficienti a farmi sentire incapace rispetto a lui... ma comunque a livello degli altri. Stracciamo un paio di coppie, rivincite rivinte, siamo ormai collaudati. Lui in difesa sa fare un trick insanely awsome: una specie di elastico in cui la pallina viene fucilata in porta dal terzino della difesa. Tutti lo temono, tutti ci temono. Ah, dimenticavo, qua non esistono regole. Passaggi tra giocatori della stessa linea, girelli, falli da ultimo uomo e fuorigiochi...tutto concesso! @___@ Alziamo una coppa trasparente ultraleggera... Sono all'università: circondato da quest'atmosfera spensierata come potrei non trovarmi bene? Da noi l'università è luogo di tortura, qua è luogo di socializzazione. Da noi ognuno fa per se, qui si collabora. Da noi non esistono robe tipo grouproom, spazi dedicati agli studenti, giardini, palestre, qui sembra che debbano invogliarti a studiare, sembra che abbiano voluto creare una realtà in cui farti stare bene e farti imparare allo stesso tempo. Da noi sei qualcosa di scomodo, un cognome venuto per infastidire con qualche domanda. Da noi sei un numero, qui sei una persona, chiamata per nome. Di battesimo.

[Guardatevi questo promo della Aalborg Universitet... dovrebbe farvi capire qualcosa in più!]

IBM chapter: ebbene sì. IBM, quella del logo in figura. La sede è ad Aarhus - leggasi Orus, 100 km da qui. L'università ci ha messo a disposizione una delle 5 macchine del dipartimento. John, nostro supervisor, ci accompagna all'incontro con il nostro contatto in azienda. La IBM sta collaborando al grande progetto teledi@log, quindi potrebbe essere interessata a supportare anche la nostra ricerca. Dobbiamo capire se ci permette di usare un loro server e se c'è qualche barlume di speranza di poter utilizzare un loro database di dati reali collezionati da pazienti veri. Per testare ciò che andremo a realizzare sarebbe davvero oro. Salteremo la lezione del pomeriggio, ma fortunatamente è quella che serve meno. Saliamo in macchina, una station wagon fintamente pulita. John sfreccia che è un piacere...la freeway conduce direttamente ad Aarhus. 

In macchina si parla di tutto e di più...partiamo discutendo sul taglio che dovremo dare al progetto, finiamo col parlare del contapassi "da schei" che hanno regalato a John quand'è andato a San Francisco...arriviamo a ridercela pure sulla pista da sci al coperto di Dubai. Intanto Jon, l'islandese, fa da navigatore con uno dei due nuovi tablet che ci hanno procurato per il nostro project. Samsung Galaxy Tab 10.1 (l'altro è un 8.9 ma sinceramente lo preferisco, molto meno ingombrante...). L'ha connesso via wireless al suo cellulare in modo che con l'abbonamento telefonico possa fungere da antenna wifi e guidarci al traguardo. Mi sono fatto i panini, salame ungherese del discount. Colore particolarmente rossastro ma sapore onesto. Durante gli ultimi chilometri un fischio continua imperterrito ad infastidirci, pare provenire dalla ruota posteriore sinistra. La vettura finta pulita dovrebbe essere stata revisionata in ogni caso. E poi siamo quasi arrivati...fischio più fischio meno... John fa dell'ironia raccontandoci che una volta era in giro con sua mamma e dopo aver sentito un rumore simile è sceso a controllare. "There was only one screw left on my wheel!". Okay non è uno scherzo. Gli è capitato davvero...certo non è che ci abbia rassicurati più di tanto con questa uscita, ma - si sa - il tempo è tiranno. Scendiamo, le viti sono a posto. Bah. Eccoci all'entrata dell'azienda.
Jon mi guarda, facciamo due foto compiacendoci del fatto che sia davvero possibile una cosa del genere. Siamo dentro, pavimenti in marmo superlucido, alla hall un omone contrastante ci dà un badge personale. Uno a testa ovviamente, col nostro nome sopra, e da restituire all'uscita...d'oh! Peccato sarebbe stato un bel ricordo. Contrastante perchè i polsi della sua camicia bianca leggermente sopra all'avambraccio lasciano intravedere un'esplosione di inchiostro sottocutaneo (in prevalenza nero) comunemente chiamato tattoo. Na roba grezza comunque. Una fontana al centro della sala rilassa i nostri sguardi, l'acqua scivola delicatamente, non fa rumore, concedendo all'occhio di penetrare l'impalpabile superficie trasparente. Il rilassante, quasi sovrannaturale e a tratti ipnotico moto dell'acqua - sarà che mi sono sempre piaciute le fontane - viene bruscamente reso meramente concreto dall'arrivo del nostro contatto. Una donna sui 40 anni, forse più. Realizzo che i panini non mi servono più: il buffet aziendale è a nostra disposizione. Santi Licheri che delizie...! Tento di farci stare più roba possibile in questo maledetto piccolo piattino. Dopo due giri torno al tavolo. Ovvio che ho dimenticato da bere. Torno con la coca cola. Jon ha preso solo acqua, vorrà restare leggero per la presentazione del notro progetto attraverso il powerpoint che ha preparato sulla base dei nostri iniziali confronti. Se alla normale emozione ci si aggiunge anche qualche sfiato di gas interni attraverso le vie aeree superiori - magari riecheggiante in quelle inferiori...no no, non è il caso.












Dopo il caffè e il pancackes col gelato alla nutella, il nostro contatto va a chiamare la gente che conta. Sono un ragazzo - verosimilmente programmatore - e una donna - relativamente giovane e tirata, e ciò la classifica automaticamente qualche piano più in alto - i quali ci salutano molto rapidamente. La piccola sala del meeting è pronta, computer acceso, Jon parte. La sfida è far loro capire che ci teniamo a sviluppare qualcosa di Open Source. Molto interessati. Okay, bene. Cenni di assenso. Abbottonamento totale. John - supervisor - azzarda qualche domande dopodiché va subito al punto: "siete interessati? ...e pensate che sia in qualche modo possibile utilizzare un vostro server per i nostri intenti?". Sguardi preoccupatamente tesi affettano l'aria. Sono i nostri, scalpitanti per una risposta - affermativa ovviamente. Sono i loro, che non sanno né cosa né come risponderci. Rimandano tutto a tra qualche giorno...devono consultarsi con altri dei piani ancora più alti. La donna dai tacchi e monigonna ci lascia dopo aver posto qualche domanda. Il programmatore, molto più competente in questo senso, ci fa compagnia per una buona oretta. Ci mostra il nuovo sofrtware di telemedicina che stanno per far uscire. Gli poniamo qualche domanda ed esprimiamo le nostre perplessità rispetto all'interfaccia decisamente complicata per gli elderly e i disease patient. Non vi tedio oltre. Bella esperienza in ogni caso. Contribuisce a lasciarmi intendere un altro pò come sia davvero il mondo delle aziende.
Si torna al campus...prossime tappe: KMD e Tunstall!

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